Il disamore per la politica in Emilia-Romagna continua e si manifesta nella scarsa affluenza al voto. Ieri sera alle chiusura dei seggi aveva votato solo il 35,7 per cento che lascia presagire tinte fosche, oggi, alla chiusura dei seggi alle ore 15. Non è certo che si possa arrivare al palliativo del 50%, e si tratterà di una sconfitta complessiva per la mitica partecipazione emiliano-romagnola, considerando che il 26 gennaio 2020, quando si votò in un solo giorno e quando Stefano Bonaccini (centrosinistra) sconfisse Lucia Borgonzoni (centrodestra), alle 19 era andato a votare il 58,8% degli aventi diritto, quasi il doppio delle persone. Impensabile arrivare al risultato finale della sfida politica che vide sul ring anche Matteo Salvini e le Sardine, che fece totalizzare un tutto sommato lusinghiero 67% finale. E anche quest’ultimo è un numero ben lontano dai fasti dei record, se è vero che nel 1990 al voto nella terra di Peppone e Don Camillo andava oltre il 90%, come ha ricordato ieri l’ex premier Romano Prodi dopo essersi recato alle urne sotto le torri, al liceo Galvani. "Se in tanti non vanno a votare, finisce male".
Indicativi i dati che vengono dai territori maggiormente protagonisti del dibattito elettorale, ovvero il capoluogo Bologna e la Romagna, aree pesantemente colpite dai tremendi eventi climatici. Sotto l’Asinelli, alle 23, si è votato di più con un 40,5. Numero comunque lontano dalla scorsa tornata elettorale. E si torna inoltre vicini al flop dell’affluenza del 2014, alla prima vittoria di Bonaccini, quando con il peso dell’in...
















