BOLOGNA – E’ con un sussurro, con quel “è finita” che Anna Maria Linsalata, sorella di Isabella, si è liberata di quel peso sul cuore. E’ grazie a lei se gli inquirenti non si sono fermati a quell’apparente decesso naturale della moglie dello stimatissimo medico Giampaolo Amato, ginecologa di 62 anni, preceduta 22 giorni prima da quella della suocera, l’87enne Giulia Tateo. E’ Anna Maria che chiese l’autopsia sul corpo della sorella, mentre Amato voleva la cremazione già all’indomani del decesso, permettendo di scoprire la presenza nei tessuti della vittima di un mix letale di farmaci ad uso ospedaliero: il Sevoflurano e il Midazolam. Poi la bottiglia di Nero d’Avola, presa di nascosto da Anna Maria a casa della sorella, all’interno della quale i Ris hanno trovato la stessa benzodiazepina corresponsabile della morte. L’inchiesta ha poi svelato come anche la morte della suocera di Amato fosse sospetta. Anche sul suo corpo riesumato l’autopsia rivelò infatti la presenza dello stesso mix letale di anestetici. Amato si è sempre proclamato innocente ma la Corte d’Assise di Bologna, presieduta da Pier Luigi di Bari, dopo 6 ore di camera di consiglio, ha emesso la sentenza confermando e, anzi, aggravando, la richiesta della Procura, che per l’ex medico della Virtus aveva chiesto l’ergastolo e un anno di isolamento diurno
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