Dossier Uno bianca: “I Savi non agirono da soli” dice Lodovico Mitilini. VIDEO

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BOLOGNA – Saranno veramente maturi i tempi per vederci chiaro nella lunga storia e nella scia di sangue lasciata dietro di sé dalla banda della Uno Bianca? Secondo la lunga memoria delle parti civili che attraverso i loro legali hanno chiesto ed ottenuto di riaprire le indagini, “non si è trattato solo di una banda di rapinatori sanguinari, ma di terroristi, il cui obiettivo era in primo luogo spargere panico nella popolazione”. Lo dicono diversi elementi. Per gli avvocati di parte civile, “erano terroristi”, collegati “con una trama eversiva che era il prolungamento di quella strategia della tensione che ha insanguinato l’Italia per un quarto di secolo, a partire dalle bombe di Piazza Fontana”: Per i familiari “decisiva è stata l’organizzazione di false piste, create per coprire i veri colpevoli, che hanno trovato spazio all’interno dei corpi di polizia e carabinieri”.

Il depistaggio della strage del 4 gennaio 1991: la prima arma a sparare al Pilastro dove vennero massacrati tre carabinieri, in via Casini angolo via Negri, disarticolò la pattuglia, colpendo ripetutamente l’autista. Ciò dimostra “che fu un agguato premeditato”, e non come dissero i Savi che l’azione “fosse indirizzata a impadronirsi delle armi dei giovani carabinieri trucidati, armi che peraltro non furono sottratte”. I giovani carabinieri dovevano presidiare con postazione fissa, disposta dal questore, le scuole Romagnoli, dove era alloggiato un gruppo di extra comunitari, dopo che nei giorni precedenti la porta della scuola era stata oggetto del lancio di una bottiglia incendiari...



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