BOLOGNA – Sono durati una manciata di minuti i due interrogatori di garanzia per la 22enne e il fratello 19enne, di origine pakistana, arrestati dai carabinieri del Ros coordinati dalla procura di Bologna la vigilia di Natale e accusati di aver dato vita ad un’organizzazione jihadista chiamata ‘Da’wa’ Italia. Entrambi hanno rilasciato una breve dichiarazione spontanea ma non hanno risposto alle domande del giudice. La ragazza era rientrata da poco dal Pakistan quando è stata fermata a Bologna e secondo gli investigatori questo fatto rafforzava l’ipotesi di una intensa attività, non solo online, di proselitismo e diffusione di contenuti, precetti, video, preghiere in lingua italiana, per reclutare coetanei in nome della Jihad. Il rientro in Italia, il 13 dicembre, sembra sia stato anticipato, ma dalle conversazioni con l’altra ragazza del gruppo è emerso più volte il progetto di trasferirsi in altri Paesi con campi di addestramento jihadisti o comunque di dottrina islamica. Il fratello sarebbe stato convinto proprio dalla sorella a sposare la causa, mentre inizialmente sembrava riluttante, poi però ha mostrato una radicale trasformazione, avvenuta in pochi mesi, sia nell’aspetto sia nei comportamenti. I due giovani da anni abitavano in zona Bolognina, insieme ad una 18enne di origine algerina residente a Spoleto e ad un 36enne di origine turca residente a Monfalcone. C’era con loro anche un altro ragazzo, un 20enne marocchino cresciuto a Milano, anche lui indagato, di cui invece si sono perse le tracce da novembre quando è partito per l’Etiopia per unirsi...
Terrorismo, i due fratelli bolognesi non hanno risposto al giudice
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